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L'emergenza educativa va affrontata offrendo ai giovani il confronto con un "pensiero forte", capace di dare certezze e valori, rispondenti alle attese delle nuove generazioni. Così ieri il Papa a Brescia ha parlato di regole solide di comportamento.
Raccogliendo l'eredità intellettuale di Papa Paolo VI durante la visita nella sua terra natale, Benedetto XVI ha considerato questa domenica pomeriggio che la sfida educativa consiste nell'offrire ai giovani un "pensiero forte".
Il Pontefice ha affrontato l'attuale "emergenza educativa", che sperimentano genitori ed educatori, alla luce degli insegnamenti di Giovanni Battista Montini durante l'inaugurazione della nuova sede dell'Istituto Paolo VI a Concesio.
Nel suo lungo e articolato discorso, Benedetto XVI, nominato Arcivescovo di Monaco e creato Cardinale da quel "grande Papa", ha deciso di concentrarsi sulla sua "capacità educativa" come studente, sacerdote, Vescovo e Papa.
Ha scelto questo approccio, ha confessato, perché "viviamo in tempi nei quali si avverte una vera 'emergenza educativa'. Formare le giovani generazioni, dalle quali dipende il futuro, non è mai stato facile, ma in questo nostro tempo sembra diventato ancor più complesso".
"Si vanno diffondendo un'atmosfera, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona, del significato della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita. Eppure si avverte con forza una diffusa sete di certezze e di valori".
"Occorre allora trasmettere alle future generazioni qualcosa di valido, delle regole solide di comportamento, indicare alti obiettivi verso i quali orientare con decisione la propria esistenza - ha constatato - . Aumenta la domanda di un'educazione capace di farsi carico delle attese della gioventù; un'educazione che sia innanzitutto testimonianza e, per l'educatore cristiano, testimonianza di fede".
In questo contesto, raccogliendo l'eredità intellettuale e spirituale di Papa Montini, Benedetto XVI ha spiegato che "il giovane va educato a giudicare l'ambiente in cui vive e opera, a considerarsi come persona e non numero nella massa: in una parola, va aiutato ad avere un 'pensiero forte'".
"Il pensiero forte", ha aggiunto, è "capace di un 'agire forte', evitando il pericolo, che talora si corre, di anteporre l'azione al pensiero e di fare dell'esperienza la sorgente della verità".
Ha quindi sintetizzato questa visione di Paolo VI con le parole che questi pronunciò quando era Papa: "L'azione non può essere luce a se stessa. Se non si vuole curvare l'uomo a pensare come egli agisce, bisogna educarlo ad agire com'egli pensa. Anche nel mondo cristiano, dove l'amore, la carità hanno importanza suprema, decisiva, non si può prescindere dal lume della verità, che all'amore presenta i suoi fini e i suoi motivi".
Constatando "nelle nuove generazioni una ineludibile domanda di significato, una ricerca di rapporti umani autentici", Benedetto XVI ha proposto una famosa frase di Montini: "L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni".
Per questa ragione, il Papa ha concluso presentando il suo predecessore come un "maestro di vita e coraggioso testimone di speranza", anche se "non sempre capito, anzi più di qualche volta avversato e isolato da movimenti culturali allora dominanti".
"Ma, solido anche se fragile fisicamente, ha condotto senza tentennamenti la Chiesa - ha concluso -; non ha perso mai la fiducia nei giovani, rinnovando loro, e non solo a loro, l'invito a fidarsi di Cristo e a seguirlo sulla strada del Vangelo".