Segnaliamo l'articolo di Giorgio Bocca "Che pena questa TV sottilmente pedofila per amore di share", pubblicato sull'ultimo numero de Il Venerdì che offre alcuni interessanti spunti di riflessione sui possibili pericoli di un certo tipo di televisione.
Televisione implacabile: se si presenta un nuovo mercato, per rischioso che sia, anche pedofilo, lei se ne impadronisce. In cosa consiste lo sfruttamento televisivo della pedofilia? Consiste nel solito modo ipocrita di storcere il naso, ma facendo uno spettacolo che i pedofili correrebbero a vedere. Concorsi di danza e di canto per adolescenti trasmessi fingendo che al pubblico piacciano le loro voci e i loro passi e non i loro corpi adolescenziali e acerbi, non la loro gestualità da minorenni.
Ma si dirà: non è una novità, in passato ci sono stati spettacoli come quelli del mago Zurlì con bambini e bambine.
Ma erano altra cosa, fatti con altro e meno malizioso mestiere. Oggi, invece, nelle gare di canto e di danza, agli adolescenti si chiede di imitare gli adulti in modo forzato o allusivo ai limiti della decenza.
I bambini che cantavano ai tempi innocenti di Zurlì avevano voci acute, leggere, e movenze da asilo infantile; quelli di oggi scimmiottano gli adulti, hanno voci baritonali e movenze da geisha. Perché questi tornei di canto e di danza tutti giocati sull'ambiguità sessuale si fanno solo oggi e ieri sarebbero stati giudicati come scandalosi o terribilmente goffi? Perché i valori etici nella società del mercato globale si sono affievoliti sino a scomparire. Conta solo il denaro e, in televisione, fare ascolto, aumentare la pubblicità. Con gli spettacoli ambigui di una tv finto puritana che tira al soldo. Una televisione che, come una scuola dell'obbligo cui non si può sfuggire, sta assorbendo giorno dopo giorno i dettati del consumismo, le suggestioni della pubblicità. Qualcosa di enorme, di totalitario, di epocale, che accettiamo e coltiviamo come se fosse un regalo del progresso.
C'è un pubblico giornaliero fatto soprattutto di casalinghe, di madri, cioè di persone fondamentali nell'educazione dei figli, letteralmente possedute dal cattivo gusto e dai cattivi spettacoli della televisione, in cui dominano incontrastati i film della violenza, dei coraggiosi soldati come dei gangster che, dalla prima all'ultima sequenza, si sparano rivoltellate in faccia. Parlare della rivoluzione televisiva come di un cataclisma culturale non è snobismo, ma la pura e semplice, amara verità.
Che tipo di uomini, che società verranno fuori da questo bagno continuo nella violenza e nell'adescamento pubblicitario? La televisione non si spegne mai, anche nelle giornate feriali, di lavoro, le donne fanno cucina, cuciono o puliscono con un occhio al lavoro e l'altro alla tv. E formano un esercito di apprezzatrici della tv chiamata popolare per dire peggiore. Abbiamo impiegato millenni per uscire dalle superstizioni e ora ci ripiombiamo convinti, per di più, di partecipare a una grande operazione culturale.
Fonte: "Fatti nostri" di Giorgio Bocca su Il Venerdì di Repubblica n. 1180 del 29/10/2010
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