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Categoria: Educazione
TV pedofila? 16:26 - 4 Novembre 2010

Segnaliamo l'articolo di Giorgio Bocca "Che pena questa TV sottilmente pedofila per amore di share", pubblicato sull'ultimo numero de Il Venerdì che offre alcuni interessanti spunti di riflessione sui possibili pericoli di un certo tipo di televisione.

Televisione implacabile: se si presenta un nuovo merca­to, per rischioso che sia, an­che pedofilo, lei se ne impa­dronisce. In cosa consiste lo sfruttamento televisivo della pedofilia? Consiste nel solito modo ipocrita di storcere il naso, ma facendo uno spettacolo che i pedofili correrebbero a vedere. Concorsi di danza e di canto per adolescenti trasmessi fingendo che al pubblico piacciano le loro voci e i loro passi e non i loro corpi adolescenziali e acerbi, non la loro gestualità da minoren­ni.

Ma si dirà: non è una novità, in passa­to ci sono stati spettacoli come quelli del mago Zurlì con bambini e bambine.
Ma erano altra cosa, fatti con altro e meno malizioso mestiere. Oggi, invece, nelle gare di canto e di danza, agli adole­scenti si chiede di imitare gli adulti in modo forzato o allusivo ai limiti della de­cenza.

I bambini che cantavano ai tempi innocenti di Zurlì avevano voci acute, leg­gere, e movenze da asilo infantile; quelli di oggi scimmiottano gli adulti, hanno vo­ci baritonali e movenze da geisha. Perché questi tornei di canto e di danza tutti gio­cati sull'ambiguità sessuale si fanno solo oggi e ieri sarebbero stati giudicati come scandalosi o terribilmente goffi? Perché i valori etici nella società del mercato glo­bale si sono affievoliti sino a scomparire. Conta solo il denaro e, in televisione, fare ascolto, aumentare la pubblicità. Con gli spettacoli ambigui di una tv finto puritana che tira al soldo. Una televisione che, co­me una scuola dell'obbligo cui non si può sfuggire, sta assorbendo giorno dopo giorno i dettati del consumismo, le sugge­stioni della pubblicità. Qualcosa di enor­me, di totalitario, di epocale, che accettia­mo e coltiviamo come se fosse un regalo del progresso.

C'è un pubblico giornaliero fatto so­prattutto di casalinghe, di madri, cioè di persone fondamentali nell'educazione dei figli, letteralmente possedute dal cattivo gusto e dai cattivi spettacoli della televi­sione, in cui dominano incontrastati i film della violenza, dei coraggiosi soldati come dei gangster che, dalla prima all'ultima sequenza, si sparano rivoltellate in faccia. Parlare della rivoluzione televisiva come di un cataclisma culturale non è snobi­smo, ma la pura e semplice, amara verità.

Che tipo di uomini, che società verran­no fuori da questo bagno continuo nella violenza e nell'adescamento pubblicita­rio? La televisione non si spegne mai, an­che nelle giornate feriali, di lavoro, le don­ne fanno cucina, cuciono o puliscono con un occhio al lavoro e l'altro alla tv. E for­mano un esercito di apprezzatrici della tv chiamata popolare per dire peggiore. Ab­biamo impiegato millenni per uscire dalle superstizioni e ora ci ripiombiamo con­vinti, per di più, di partecipare a una grande operazione culturale.

Fonte: "Fatti nostri" di Giorgio Bocca su Il Venerdì di Repubblica n. 1180 del 29/10/2010






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